Autobiografia impossibile del green design

La mistica della Natura al tempo della guerra e della pandemia

STEFANO CASCIANI

La circolarità del tempo ha permesso al Pianeta intero di vivere l’esperienza di una pandemia paragonabile ad antiche pestilenze: non solo per i milioni di morti, ma per il regime di stretto controllo sociale imposto alle popolazioni – incluse quelle dell’Occidente sostenibile – accompagnato da un inaudito terrorismo mediatico. E quel che è forse peggio, la pandemia Covid19 non ha ancora generato una sufficiente riflessione su cosa ha significato e significherà per le popolazioni, in termini sia di disagio culturale e psicologico che di cambiamento degli stili di vita.

Certo è che paradossalmente il mondo, l’industria e il mercato del design – in particolare dell’arredamento, e ancora più in particolare quello italiano – di questa tragedia globale si sono grandemente avvantaggiati. Il pubblico ha cioè privilegiato negli acquisti l’arredamento, rispetto alle merci solitamente considerate più glamour e in testa alle classifiche di vendita (moda, accessori, automobili) preferendo ad esse più solidi divani, poltrone, sedie, tavoli, lampade e quant’altro potesse ricreare un’idea di abitare rinnovato. Così che l’industria italiana e soprattutto i grandi storici brand non solo hanno superato la crisi economica derivante dai lockdown, ma hanno anche incrementato notevolmente i loro fatturati.

Il paradosso solleva una questione più generale di ordine forse filosofico, sicuramente politico. È pensabile che in un sistema postcapitalista, che ha per priorità l’arricchimento e non l’equilibrio ambientale, la Natura stessa – incurante delle leggi economiche della domanda e dell’offerta – possa non “reagire” e prima o poi “vendicarsi” contro la specie umana che ne sta determinando il progressivo dedicamento quando non la distruzione totale? In questa prospettiva – non del tutto improbabile nel 2022 , con una guerra in corso e minacce di uso delle armi atomiche – appare semplice retorica l’attenzione compulsiva che politici e media occidentali dedicano alla questione ecologica. La sostenibilità ideale, quella che consente una sopravvivenza dignitosa delle persone, una coesistenza il più possibile pacifica di nazioni e popolazioni, lo sviluppo armonico di tecnologia e cultura, comporta comunque un’esistenza. Nel deserto “naturale” come quello che potrebbe seguire ad apocalissi ambientali o belliche, l’equilibrio ecologico è certamente perfetto: ma è un equilibrio dove non c’è spazio per nessuna esistenza, a cominciare da quella umana.

La grande domanda di fondo resta sempre la stessa: è possibile un mondo sostenibile oltre la ricchezza e la povertà, la pace e la guerra? Un design Green per l’ambiente globale non potrà prescindere da una condizione di uguaglianza tra progettisti, costruttori, produttori e utenti, ma anche da un equilibrio geopolitico alternativo a quello imperante del terrore.

PS Eppure anche nell’incertezza del futuro resta la necessità della poesia. I versi di Philip Wahlen che aprono questo numero vengono da una preziosa copia del poema Monday in the Evening. Da un libro di Fernanda Pivano si scopre che proprio il poeta che non riusciva a pubblicare i suoi versi ha dato a lei ed Ettore Sottsass jr l’idea e lo slancio per iniziare la serie East 128 Milano – di cui Monday in the Evening fa parte – ancora ispirazione per chiunque ami la carta, la stampa, il loro significato e la loro materia insostituibili.
Anche disegno continuerà in questa direzione. La politica può attendere ma l’espressione, nostro dovere ed esperienza, no.

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