La lunga vita del sistema italiano dell’arredamento si prolunga con la capacità delle aziende di estendere la cultura originale di impresa, testando capacità
produttive e commerciali in altri ambiti e sistemi: un intreccio progettuale che si rivela nei piani di Roberto Gavazzi per il gruppo Boffi – De Padova con un tocco di Iki.
La cultura del design italiano è stata e rimane tuttora il punto di riferimento per il mercato internazionale dell’arredamento. Negli ultimi decenni ha compiuto sforzi notevoli per
evolvere in vero e proprio sistema industriale e non semplice accumulo di energia e attività imprenditoriali individuali: per quanto geniali come nei casi di Pierino Busnelli, Aurelio Zanotta, Sergio e Piero Gandini, fino agli ultimi “pionieri” Eugenio Perazza o Patrizia Moroso. Quel che più risalta e interessa oggi è la riorganizzazione strategica delle imprese e degli imprenditori che su questo sistema da tempo hanno iniziato a ragionare criticamente e a pianificare progetti e prodotti in termini di gruppo industriale. Certamente in questa nuova strutturazione del design italiano gioca un ruolo sempre più rilevante la finanza, con l’ingresso nelle aziende dei fondi d’investimento: ma è proprio con questa dimensione anche finanziaria che deve misurarsi il sistema stesso, se intende evolversi per sopravvivere nella complessità estrema del mercato globale.
Un gruppo che in questa direzione si muove con compattezza e sicurezza, che gli derivano da una già lunga storia di fabbrica estetica, è quello formato dalle aziende Boffi e De Padova, guidato da Roberto Gavazzi, che continua ad estendere le sue competenze di progetto a diverse aree culturali/commerciali. Di recente ha iniziato la collaborazione con la giapponese Time and Style, orientata alla rivalutazione della grande tradizione nazionale di alto artigianato per la produzione di mobili e oggetti, ed è entrato in una partecipazione importante con la veneta Adl che produce porte e sistemi di apertura e chiusura di spazi interni nella casa e nell’ufficio. Si completa e migliora così l’offerta di un possibile ambiente integrale e integrato, sia domestico che per il lavoro, che possa essere realizzato con la regia di un unico gruppo di progetto e realizzazione.
Nei fatti si può dire che per Gavazzi un sistema di produzione, per quanto colto, efficace (e redditizio) non possa servire da solo a creare un’identità di gruppo sufficientemente stabile: ma che invece la possibilità di una migliore espansione industriale sia legata proprio alla capacità di trasporre in altri sistemi di prodotto la cultura di progetto maturata nell’esperienza concreta nella fabbrica e sul mercato.
Sul fronte della collaborazione con Ryutaro Yoshida, fondatore e principale designer di Time and Style (che con De Padova prende il nome di Time and Style êdition) la motivazione principale è sicuramente la sua estetica sofisticata, un punto d’incontro su quello che Goethe avrebbe potuto chiamare “West-Östliche Diwan”, il “Divano Occidentale/Orientale”: il luogo immaginario dove in una storia di arredamento si incontrano forme moderne e l’idea di un ambiente che s’ispira alla seduzione naturale, senza finzioni artificiose, propria di un immaginario giapponese.
E parlando del lavoro di Yoshida, degli oggetti e mobili che ha portato e porta alla produzione, viene in mente il concetto di Iki, che si affaccia qui e là nei suoi prodotti. Si potrebbe parlare per Yoshida di un disegno che rappresenta un certo “distacco”, la coscienza che determinati accadimenti e oggetti avvengano e funzionino nella casa non per “obbligo”: ma per naturale conseguenza dell’esperienza che essi permettono alle persone. Originalmente trascrizione dell’ideogramma cinese Sui (eccellente), progressivamente il termine Iki si lega al mondo della seduzione amorosa, poi in epoca Bunka-Bunsei (primi decenni del XX secolo) descrive usi e costumi delle geishe e l’estetica dei luoghi dove abitano e lavorano. Conosciuta in Occidente dagli anni Trenta del XX secolo grazie al filosofo ed erudito Kuki Shuo, che ne ha analizzato intimamente la natura in un bellissimo volume La struttura dell’Iki 1) – vero e insolito trattato di estetica psicologica che mi ha fatto conoscere Clino Trini Castelli – è oggettivamente intraducibile in italiano, o in inglese.
La sua stessa natura è sfuggente, perché fatto di brevi attimi, di riflessi e di impressioni: così Iki è anche l’aspetto di “colei che esce dall’acqua del bagno … ricordo che aleggia della recente nudità… “, un elemento classico dell’iconografia ottocentesca divulgata da incisori come Utamaro, ampiamente ripreso dai pittori impressionisti francesi della fine dello stesso secolo.
Naturalmente di questa particolare estetica fanno parte anche gli elementi e soprattutto i materiali dell’architettura tradizionale giapponese, semplici, naturali e al tempo stesso solidi: bambù non laccato, paglia, legni masselli, alcuni dei materiali che ricorrono proprio nella selezione di pezzi Time and Style edition De Padova. Affascinare in forma Iki significa attirare l’attenzione con la seduzione di un’immagine non immediatamente dichiarata troppo a fondo, che sarebbe velocemente “consumabile”. I colori non saranno quindi mai vistosi, solo nuance del grigio, del nero, del bruno: al massimo, ma raramente, del blu – che infatti non compare tra i colori Time and Style, dove dominano le tonalità terra come nella sedia A Chair in the Forest. La struttura in massello di faggio è tinta bianco neve o grigio carbone, l’imbottitura è grigia, in tessuto: marrone scuro in pelle. Il legno viene plasmato attraverso una particolare tecnologia che sfrutta il vapore, poi è stampato sotto pressione. Ogni sedia risulta un pezzo unico, con venature ed effetti ogni volta diversi: e non manca la variante con schienale di rattan intrecciato, che prende pure un nome poetico, A Chair outside the Cage. Anche nei mobili contenitori di estrema semplicità si affacciano elementi Iki, oltre alle strutture in legno, come le ante con pannelli di vetro del Silent Cabinet, che lasciano entrare la luce naturale a illuminarne lievemente il contenuto. Mentre il Silent Wardrobe che si apre con ante scorrevoli, richiama chiaramente porte e contenitori della casa tradizionale giapponese, dove l’economia di spazio e di conseguenza dei volumi degli arredi ha prodotto da secoli una soluzione così immediata ed efficace.
Ripensando dunque a Time and Style edition come un altro sistema (fatto soprattutto di estetica di segni e materiali) in cui si prolunga l’esperienza De Padova, viene in mente un altro libro, un altro testo: una conversazione tra/scritta tra due rimpianti amici, il poeta Renato Pedio ed Enzo Mari, da poco scomparso, dove Pedio porta come motivazione alla scrittura del libretto Enzo Mari Designer uno schema da questi schizzato proprio in riferimento al teorema di Gödel, citatogli da Pedio stesso. Matematico teorico tedesco americanizzato, negli anni 30 del XX secolo Gödel elabora due “Teoremi di incompletezza” che mettono in discussione la logica matematica formale, sintetizzabili molto approssimativamente nella tesi: Per poter stabilire la coerenza di un sistema S, è necessario utilizzare un altro sistema T. Ma una dimostrazione in T non è del tutto convincente a meno che la coerenza di T non sia già stata stabilita senza usare il sistema S.
La trasposizione del teorema di Gödel applicato al design, fatta un po’ audacemente da Pedio complice lo schizzo di Mari, è che tanto più un problema di progetto è strutturale, tanto più richiede per una possibile soluzione l’allargamento della problematica a un ambito più vasto: ambientale, estetico, culturale, economico … Così si può dire che anche per un imprenditore del design come Roberto Gavazzi diventa essenziale valutare e operare una progressiva apertura ad altri sistemi, per risolvere la compiutezza del sistema industriale su cui si fonda il gruppo originale. Accertata con Boffi la qualità della fabbrica industriale ma con possibilità di realizzazioni bespoken, verificata con De Padova e più recentemente Time and Style edition l’unione tra produzione seriale ed estrema qualità artigianale, perfezionata con ADL la competenza nel realizzare interi ambienti, domestici o di lavoro, Gavazzi ridefinisce la figura dell’impresa e dell’imprenditore (quindi se stesso): che non rinuncia a confrontarsi con le oscillazioni, le incertezze e soprattutto i grandi cambiamenti in essere e a venire, dalla casa al mondo. Potrà forse apparire un paradosso – come per certi aspetti le teorie di Gödel – ma proprio sul confine tra razionalità ed emozione, determinazione e romanticismo, si gioca oggi la capacità di una sofisticata sopravvivenza di quel sistema del design italiano di cui il gruppo Boffi/De Padova è parte integrante come uno dei motori di innovazione: “mover and shaker”, secondo un curioso ma efficace modo di dire inglese. Intraducibile in italiano, se non in una pratica concreta dell’agire e del motivare all’azione. S.C.